Abbiamo detto che la prima comunità francescana di Orte, forse
istituita dallo stesso Serafico Padre, dalla chiesetta di S.
Nicolao si trasferì dopo poco tempo nella chiesa di S. Lorenzo
al di là del Tevere, dove morì e fu sepolto il Beato Teobaldo
d'Assisi.
Nel convento di S. Lorenzo però, non molti anni dimorarono i
frati, che trovarono asilo, dopo la morte del Beato, nella
chiesa di S. Teodoro al Borgo di S. Giacomo. La chiesa di S.
Teodoro, che ora non esiste più, pare fosse unita ad un
monastero dipendente dalla Badia di Farfa, e secondo quanto dice
P. Casimiro,
(P. Casimiro da
Roma. op. cit.) era situata <<in
capite ipsius civitatis>> cioè a capo della città. Infatti anche
il P. Theuli (P.Theuli da Velletri, op. cit.)
afferma che era posta sotto
l'antica fortezza, e forse, aggiungiamo noi, nelle vicinanze del
ponte di Augusto. E doveva in realtà essere situata non molto
distante dal Tevere, poiché l'anno 1258, essendo vescovo di Orte
un francescano, certo Pietro da Popleto, eletto dal capitolo
ortano e confermato dal Pontefice Alessandro IV, la comunità
francescana, a causa delle continue inondazioni del fiume, fu
costretta abbandonare la chiesa di S. Teodoro e trasferirsi
dentro la città, nella chiesa di S. Angelo. Questa chiesa, che
era parrocchia, con chiostro, case, orto ecc.; fu data dal
vescovo Pietro ai frati senza l'autorizzazione del Capitolo, il
quale perciò deve avere evidentemente protestato presso la Sede
Apostolica. Esiste infatti una lettera di Alessandro IV, datata
da Anagni , che conferma la concessione fatta dal vescovo al P.
Giacomo da Piperno, vicario del Ministro Provinciale, della
chiesa di S. Angelo. In tale lettera, così il Papa, fra l'altro
si esprime, secondo una traduzione italiana fornitaci :<<Noi,
inclinati alle vostre preghiere, la rinuncia e la concessione
della chiesa di S. Angelo, del chiostro e delle pertinenze sue a
voi provvidamente e pienamente fatta (dal Vescovo) avendola come
rata e ferma, la confermiamo con l'Autorità Apostolica e la
rinforziamo con la presente scrittura sanando il difetto che in
detta concessione vi fu per non essere stata chiesta al Capitolo
ortano, supplendo con la pienezza della nostra Potestà...>>.
Il vescovo Pietro fece esenti anche i frati dalla giurisdizione
episcopale, ed anche per questo, essendo necessario il consenso
del Capitolo, supplì il medesimo Pontefice, con Breve
particolare diretto al Podestà, Consiglio e Comunità di Orte. E
poiché forse continuarono egualmente le liti per tale
concessione, questa fu nuovamente confermata vari anni dopo da
Bonifacio VIII.
Qualche storico scrisse che la chiesa di S. Angelo era situata
sopra la Bastia, forse perché il Wadding
(Wadding. Tomo
VIII. Anno 1372 § 3) dice che
circa il 1372 i frati abbandonarono tale chiesa perché fu
trasformata in fortezza, ma è questo uno sbaglio evidentissimo.
La chiesa di S. Angelo sorgeva dove ora è la chiesa di S.
Francesco e né l'abbandono di cui parla il Wadding pare avesse
più luogo, poiché è vero che al tempo di Urbano V, a causa delle
guerre e per la sicurezza della città, si prospettò l'idea di
fare delle opere di fortificazione al Convento di S. Angelo, per
premunirsi specialmente contro le eventuali incursioni di
eserciti da parte di Amelia, ma il Cardinale Legato del
Pontefice in Italia (la sede apostolica s'era trasferita in
Avignone) al quale lo stesso Papa aveva dato incarico, riuscì a
quietare le turbolenze, e l'idea, come afferma il P. Theuli, non
fu messa più in esecuzione. I francescani rimasero perciò nella
chiesa di S. Angelo. Il convento fu in seguito notevolmente
ampliato e modificato e posto sotto il titolo di S. Francesco,
come pure la chiesa. Sono ancora visibili infatti nel fabbricato
del convento varie modificazioni edilizie su mura vecchissime,
ed anche, ben marcate,le linee di un antico chiostro con archi
romani.
Varie indulgenze e favori concessero i Pontefici alle chiese e
conventi francescani di Orte. Innocenzo IV concesse, nel 1253,
40 giorni di indulgenze a tutti coloro che avessero date
elemosine al Convento; Alessandro IV, 100 giorni per le feste di
S. Francesco, S. Antonio e S. Chiara e per le loro ottave;
Nicolò IV tre anni e tre quarantene a chi visitava la chiesa dei
Minori il primo giorno dopo la Pentecoste ed ottava seguente;
Gregorio XIII sette anni ed altrettante quarantene alle
Compagnie dell'Immacolata e del Terz'ordine erette nella chiesa
dei frati, per ogni prima domenica del mese ecc.; Altri favori
ottennero le chiese francescane per mezzo di S. Bonaventura che,
come afferma il Leoncini
(Leoncini. Cron.
ort.), venne anche in Orte insieme
al Dottore Angelico, S. Tommaso d'Aquino.
I minori ressero per molti anni anche l'ospedale di Santa Croce,
come apparisce da un Breve di Giovanni XXII, nel quale si dice
pure che da cento anni avanti i francescani avevano avuta la
rettoria dell'Ospedale stesso.
Nel 1441, sotto il pontificato di Eugenio IV, i francescani
acquistarono dal capitolo Ortano le Chiese di S. Marciano e di
S. Giorgio con tutte le annesse possessioni. La chiesa di S.
Giorgio forse era quella che esisteva al Borgo e già lasciata
dalle Monache di S. Chiera, e la chiesa dei SS. Marciano e
Maurizio era situata nell'attuale giardino Manni, sulla piazza
di S. Francesco, prima chiamata di S. Marciano.
Varie modificazioni furono fatte al convento ed alla chiesa di
S. Francesco verso la fine del 1600 ed in tale epoca fu annesso
anche il convento stesso un noviziato con le elemosine di un tal
Sisto Honorati di Orte.
Fra i vari cittadini ortani che vestirono l'abito francescano in
questo convento ricordiamo il P. Bonaventura Forlani, persona
virtuosa e di molta prudenza, teologo del card. Maffei, nel 1571
! guardiano e commissario generale dei SS. Apostoli in Roma,
varie volte ministro provinciale, e finalmente vescovo di Alatri
nel 1586.
Nella chiesa di S. Francesco sono conservate molte ed insigni
Reliquie: fra le altre un cilicio del Serafico Padre. Nella
chiesa stessa vi fu sepolto il P. Ottaviano Cepriani da
Antrodoco, celebre predicatore del tempo. Il convento di S.
Francesco appartenne ai minori conventuali fino al 1809, epoca
in cui fu soppresso da Napoleone: vi è oggi la sede del
Seminario Ortano.
Bellissimo ed artistico è il Chiostro, in questi ultimi tempi
tornato, per saggio provvedimento, a sfavillare in tutta
l'antica bellezza, e la cisterna posta nel mezzo del chiostro
stesso, e fiancheggiata da due agili colonnine sormontate da
magnifici capitelli. Nella sagrestia della chiesa vi è un
interessante quadro originale raffigurante il Dottore Serafico
S. Bonaventura. Sull'altare maggiore si venera la miracolosa
immagine della Madonna della Misericordia, per la quale una
speciale devozione hanno gli ortani. Tale quadro si trovava
prima nella chiesa dei SS. marciano e Maurizio, già situata come
abbiamo detto nell'attuale giardino Manni, e dove era anche la
sede della Compagnia della Misericordia, trasferita poi nella
chiesa di S. Francesco.
Nella chiesa cattedrale si conserva un antico quadro di S.
Francesco che ha molta importanza artistica. Si tratta di un
dipinto su tavola in cui è effigiato, in tutta la statura, il Poverello d'Assisi. Ai quattro lati del quadro si scorgono
alcuni episodi della vita di S. Francesco. Per incarico della
Direzione delle Belle Arti, vi sono stati fatti recentemente
alcuni ritocchi dal valente artista Prof. Venturini Papari che
ha ridonato al quadro l'antico splendore. Non si conosce
l'autore della pregevole opera, ma pare che rimonti al secolo
XIII e sia un vero ritratto dell'Assisiate. Così il Leoncini che
dice anche che il quadro stesso è del 1284 e fu sempre tenuto in
molta venerazione. Il dipinto si trovava prima nella chiesa di
S. Francesco dove evidentemente era un tempo collocato in
qualche cappella od altare, poiché non si spiegherebbe
diversamente la ragione per la quale nessun altare in questa
chiesa è attualmente dedicato al Santo d'Assisi. Può darsi che
il quadro sia opera di qualche frate pittore che visse nel
convento di Orte probabilmente all'epoca del Vescovo Pietro,
francescano, che secondo il Wadding, morì nel 1284, dopo aver
governato per molti anni Diocesi. Forse il pittore stesso
conobbe personalmente il Serafico Padre e poté quindi bene
effigiarne le dolci sembianze. Comunque, il quadro, poco noto ai
cultori ed amatori di arte francescana, è di molto interesse
storico ed artistico.